CENTO (FE) 03/12/18 – (DI MARCO RABBONI PER TACCUINOCENETSE.IT) DAL BUOI ALLA LUCE: RIAPRE LA CHIESA DEDICATA A SAN ISODORO DOPO LA CHIUSURA POST-TERREMOTO Nella prima domenica d’Avvento è stata celebrata la riapertura ufficiale, dopo i lavori post sisma, della chiesa di Santa Maria e Sant’Isidoro, con la messa presieduta da monsignor Matteo Maria Zuppi. «È una gioia – ha affermato l’arcivescovo -, poter di nuovo rientrare in questi luoghi per voi così importanti e così cari, in cui avete imparato a conoscere il grande mistero di amore di Dio, in cui avete accompagnato qualcuno: una casa in cui tutti noi cresciamo ascoltando la sua parola, in cui abbiamo sperimentato la dolcezza della misericordia, in cui abbiamo aperto il nostro cuore e che ha raccolto i nostro pensieri più profondi». E ha aggiunto. «L’attesa dopo quei giorni di paura, che è significata lavoro, sacrificio e pianificazione, è finita e ne comincia un’altra, durante la quale siamo chiamati a fare spazio al Signore e a restaurare quello che gli ‘altri’ terremoti, la malattia e la solitudine, la divisione e la guerra, distruggono, chiedendo e dando il perdono». Il Consiglio pastorale parrocchiale, presieduto da Marco Gallerani, ha voluto ringraziare quanti hanno partecipato alla cerimonia e, uno a uno, quanti hanno reso possibile la riapertura della chiesa. Il sindaco Fabrizio Toselli ha portato il suo il ‘bentornati a casa’ ai parrocchiani di Penzale e a don Remo, «che desidero ringraziare insieme a tutti i parroci per il grande impegno profuso anche nella ricostruzione». «Quell’altruismo, quella coesione, quella fiducia e quella gratitudine che la nostra comunità ha espresso nel frangente del terremoto non devono essere né dimenticati né lasciati spegnere – ha sottolineato -. Sono le basi della gioia che proviamo oggi nel rientrare nella nostra chiesa e a ritrovarvi l’accoglienza, la familiarità e la sicurezza, il senso di appartenenza e la fratellanza di cui queste mura sono l’emblema. In questo giorno di festa guardiamo ai sei anni che sono passati e vediamo il domani, che sono certo sarà di crescita e di costruzione di un futuro che assomiglierà a quello che siamo diventati». A portare il saluto della Regione e del presidente Stefano Bonaccini l’assessore alla Ricostruzione, Palma Costi. «Lo faccio in una doppia veste: quella di assessore, che lavora per la rinascita e lo fa insieme a tanti altri, e quella di cittadina che ha vissuto il terremoto e conosce la gioia del riappropriarsi dei luoghi – ha rimarcato -. Nel piano della ricostruzione abbiamo inserito le 495 chiese danneggiate e abbiamo operato insieme ai 4 vescovo coinvolti, ai parroci, ai progettisti e alle aziende. Il nostro impegno è massimo, senza dimenticare mai che la ricostruzione si alimenta di collaborazione e di solidarietà e fonda sul benessere di tutti».
DISCORSO COMPLETO DEL SINDACO DI CENTO FABRIZIO TOSELLI
Saluto tutti quanti sono riuniti qui oggi, numerosi, in questa importante occasione di riapertura ufficiale della splendida chiesa di Santa Maria e Sant’Isidoro. Saluto Monsignor Zuppi, che ci è costantemente al fianco e continua a non farci mancare, sia nei momenti più complessi sia nei giorni di festa, la sua affettuosa vicinanza nel corso del nostro cammino di comunità. Saluto l’assessore regionale Palma Costi, con cui, in particolare dal 2012, i rapporti sono sempre molto stretti per mettere in campo il massimo impegno al fine di ripartire pienamente e valorizzare la nostra terra. Saluto tutte le autorità civili e militari, il mondo associazionistico e tutte le realtà territoriali che non hanno voluto mancare in questa giornata tanto significativa per tutti noi. Anche a voi per prima cosa voglio esprimere il mio più sentito ‘bentornato’: il più sincero ‘bentornati a casa’. Dico “anche” perché ho avuto la grande gioia di partecipare già alla riapertura della Collegiata di San Biagio e della chiesa di San Sebastiano. Segno questo che la pazienza e la fiducia, la determinazione e il lavoro vengono ripagati. Certo, i tempi non possono essere celeri come li vorremmo e come li spereremmo, ma non dobbiamo mai dimenticare da dove siamo partiti, dal punto zero a cui ci ha costretti il terremoto.Non diamolo mai per scontato, non perdiamo mai la memoria anche dei terribili giorni in cui ci siamo trovati a piangere vittime, a contare i danni e a trarre il bilancio delle ferite aperte nelle nostre vite.Sono convinto, e me lo sentite ripetere spesso, che questo esercizio della memoria sia fondamentale per il nostro presente e per il nostro futuro. Ricordare significa in questo caso alimentare e rafforzare molti sentimenti che devono costituire il baglio di una collettività che si vuole solida e solidale. L’altruismo. Quando abbiamo perso le nostre case, comprese quelle di riferimento comunitario, ovvero le chiese, le scuole, i luoghi di lavoro e gli spazi di aggregazione, in tanti hanno aperto le loro porte e hanno messo a disposizione, hanno condiviso quanto potevano. E in tanti hanno lavorato, senza sosta, per predisporre degli ambienti alternativi, che fossero tende o edifici provvisori, e fornirci ciò che mancava, fosse anche soltanto un prezioso sorriso.
La coesione. Siamo stati comunità e chiesa anche privati dei nostri luoghi e dei nostri punti di riferimento, che abbiamo tanto più imparato ad apprezzare, superando la normale tendenza a dare per scontato qualcosa che reputiamo sicuro. Allora ci siamo semplicemente guardati gli uni gli altri decidendo di stringerci tutti insieme fra noi e ai nostri valori, ai nostri ideali e anche al coraggio che ci viene dal non essere soli e dal sentire di non essere soli. La fiducia. Di fronte a tante difficoltà e con la terra che letteralmente tremava sotto i nostri piedi, so che nessuno di noi ha mai pensato di arrendersi. Dopo la paura, dopo la sofferenza, dopo l’angoscia, tutti hanno fatto la loro parte, fosse anche solo lo sforzo di cercare di riguadagnare piccoli spazi di normalità. Tutti lo hanno fatto guardando al domani, sapendo che si sarebbe ricostruito dentro e fuori, come e meglio di prima. Allora la speranza ha attivato il coraggio e il coraggio la determinazione e la determinazione l’impegno. Sino ad arrivare a oggi. La gratitudine. Nei giorni più bui, in quelli dei piccoli passi che erano grandi conquiste e in quelli della ripresa abbiamo saputo e sentito di poter contare su qualcuno: sull’altro. Per questo non essere mai stati lasciati soli credo proviamo tutti un grande sentimento di riconoscenza, anche verso persone di cui non sappiamo neppure il nome. Un sentimento che abbiamo in questi anni cercato di concretizzare aiutando altri territori purtroppo colpiti da calamità. Quell’altruismo, quella coesione, quella fiducia, quella gratitudine non devono essere lasciati spegnere. Sono le basi della gioia che proviamo oggi a rientrare nella nostra chiesa e a ritrovarvi l’accoglienza, la familiarità e la sicurezza, il senso di appartenenza e la fratellanza di cui queste mura sono l’emblema. In questo giorno di festa guardiamo ai sei anni che sono passati e vediamo il domani, che sono certo sarà di crescita e di costruzione di un futuro che assomiglierà a quello che siamo diventati.